Oggi è stata una giornata ME-RA-VI-GLIO-SA. Non c’è un motivo in particolare e allo stesso tempo ce ne sono tanti. Il primo, e più importante: l’ho vissuta con la consapevolezza di sentirmi felice, e fortunata. Di quelle felicità semplici, perfette, pienamente presenti.
Comincerò dalla colazione: ci è stata offerta dai ragazzi di Zona 22, una realtà che si autofinanzia. Proprio per questo il loro gesto acquisisce un valore ancora più grande. Una colazione fantastica, alla pasticceria Iezzi, a San Vito Chietino, che noi tutti vi consigliamo. I cornetti in particolare, che al mattino vedete sfornare e farcire in tempo reale nel fondo del locale, alla vecchia maniera, o forse è il caso di dire “arte”.
Rifocillati di tutto punto, ci siamo quindi lanciati alla scoperta della costa abruzzese che in tanti ci avevano decantato. Da San Vito in giù pare ci sia il tratto abruzzese più bello e autentico, con molte spiagge selvagge e libere. Almeno così ci hanno detto la maggior parte delle persone che abbiamo incontrato nei giorni scorsi. E anche se non l’abbiamo percorsa davvero tutta, la costa della Regione, non fatico a credere che abbiano ragione. La costa dei Trabocchi è effettivamente bellissima.
Lasciata la pasticceria e svoltato l’angolo sono bastate poche pedalate per ritrovarci davanti un tratto di litorale abbacinante. Il mare, mosso da un vento vispo, era tutto un riverbero di luce, interrotto solo dalle sagome di alcune strane costruzioni in legno. Sono i trabocchi, appunto, che danno il nome a tutto questo tratto di costa, ovvero le vecchie palafitte che si addentrano per qualche metro appena nell’Adriatico, costruite poco distanti da riva, per pescare senza sfidare il mare uscendo in barca.
Oggi queste strutture sono considerate patrimonio Unesco anche se, di recente, ne è crollata una pubblica per mancanza di adeguata manutenzione, così ci è stato raccontato. “Era un simbolo importante per noi” ci dicono i chietini con tristezza.
Ne rimangono comunque diversi, di trabocchi, a stagliarsi sul mare lucente, irti come combattenti già vinti che però resistono al tempo e all’incuria. Ti danno l’idea di un tempo che fu, ti parlano di tradizioni, stimolano l’ispirazione, anche. Non a caso questo litorale è già stato decantato da diversi poeti e letterati, uno su tutti: Gabriele D’Annunzio. Ci fermiamo all’Eremo a lui intitolato per assaporare pienamente il paesaggio, da fermi.
Penso alla ciclovia che dovrebbero realizzare lungo l’area dismessa della vecchia ferrovia Adriatica: mille chilometri dalla foce del Po alla Puglia. Sarà un bel giorno per il nostro Paese quello in cui dovesse venir inaugurata. Spero solo che a portare avanti un progetto così importante e ambizioso sia qualcuno che in bici ci va, capace di progettare con la testa giusta, valorizzando il fascino del territorio.
Lungo la via incontriamo anche Simone, sorridente pellegrino veneziano diretto pure lui a Santa Maria di Leuca. Fermandoci a fare due chiacchiere con lui scopriamo che questo percorso, da Venezia, lo aveva già fatto in bici! E che forse ne comprerà una a causa di un problema fisico che lo sta rallentando negli spostamenti. Ipotizza di unirsi eventualmente a noi e noi gli diamo il benvenuto, salutandolo – momentaneamente – con simpatia.
Proseguendo allegramente lungo il nostro percorso, lasciandoci rallegrare da un fantastico vento in poppa, ci godiamo immensamente il paesaggio, cantiamo, scherziamo, ci tuffiamo con passione in pedalate slanciate. È bello, la sensazione è di libertà, di gioia, di amore per la vita. Tra noi c’è un’atmosfera rilassata, di complicità. Ormai ci s’intende con uno sguardo. I nostri occhi sorridono oggi.
Alberto ci fa imboccare un sentierino bellissimo, ombroso, dal quale poi sbuchiamo su un’altura che si affaccia su uno dei tratti più selvaggi di spiaggia libera, sassosa. Lungo il percorso incappiamo anche in Ortona, con la sua fortezza arroccata a dominare il paesaggio circostante, tra cielo e mare, col vento che soffia e ti viene voglia di spiccare (simbolicamente) il volo. Anche il centro storico è grazioso, con piazzette dedicate alla celebrazione della pesca e ristoranti che propongono anche menù vegetariani.
Proseguiamo il nostro viaggio con gli occhi pieni di paesaggio abruzzese: dall’altipiano al litorale in noi certamente ha lasciato il segno. Dopo un ultimo bagno, un buon pranzo a base di verdure e centrifugati di frutta, e un lungomare che ci porta in Molise senza che nessuno di noi se ne accorga, puntiamo finalmente alle colline, verso la nostra meta finale: la Fattoria di Vaira, che si trova in una frazione di Petacciato, la saporita ciliegina sulla mia torta di felicità quotidiana.
testi e foto di Cristina Favento©